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Avvocato Francesco ungaretti dell’immagine

Modelli 231

Il servizio

Il d. lgs. 231/01 disciplina la responsabilità amministrativa delle società e degli enti per i reati commessi da amministratori, dirigenti, dipendenti e collaboratori.
 
Per avere l’esimente da questa responsabilità, l’azienda/l’ente deve dimostrare di aver adottato ed efficacemente attuato prima della commissione del fatto un Modello Organizzativo 231.
 
Potremo realizzare un percorso la realizzazione di un Modello 231 Tailor Made con una consulenza costante e continuativa.
 

Il Modello di Organizzazione e Gestione adottato ai sensi del D.Lgs. 231/01 (“Modello 231”) è l’insieme delle regole che l’impresa adotta ed implementa per assicurare comportamenti responsabili e rispettosi delle norme attinenti alle responsabilità di impresa.

Il modello 231 nasce con l’obiettivo di salvaguardare le società da eventuali reati commessi dai propri dipendenti.

La società che abbia sottoscritto il modello 231 prima dell’illecito commesso dal proprio dipendente, può chiedere, in modo legittimo, l’esclusione o la limitazione della propria responsabilità in merito.

Tutte le aziende, anche le piccole e medie imprese. Non esistono limiti al riguardo

Il processo di adozione del Modello 231 può rappresentare inoltre
un’opportunità per migliorare il sistema di controllo interno e gestire conseguentemente in maniera più efficace i rischi aziendali

Possibilità di assistenza per la partecipazione al Bando Isi Inail che consente di ottenere un finanziamento a fondo perduto del 65 % delle spese sostenute per i seguenti progetti:

– sistema di gestione della salute e sicurezza sul lavoro certificato UNI ISO 45001:2018

– sistema di gestione della salute e sicurezza sul lavoro di settore previsto da accordi INAIL/Parti Sociali

– modello organizzativo e gestionale di cui all’art.30 del d.lgs. 81/2008 asseverato

– sistema di responsabilità sociale certificato SA 800 aziendali

modelli 231
Per offrire alle imprese una visione più chiara dei presupposti e delle conseguenze dell’illecito dell’ente, sono di seguito individuati gli elementi essenziali del sistema di responsabilità delineato dal decreto 231. 
 
Come delineato dalle ultime Linee Guida di Confindustria, qua segue una tabella che individua sinteticamente i reati-presupposto e le sanzioni previste per la responsabilità dell’ente.
  Se il reato è commesso da soggetti apicali, l’ente è responsabile se non dimostra che: 
• ha adottato ma anche efficacemente attuato, prima della commissione del fatto, modelli di organizzazione e gestione idonei a impedire reati della specie di quello commesso (art. 6, comma 1, lett. a, decreto 231); 
• ha istituito un organismo dotato di autonomi poteri di iniziativa e controllo, il quale abbia effettivamente vigilato sull’osservanza dei modelli; 
• il reato è stato commesso per fraudolenta elusione dei modelli da parte del soggetto apicale infedele. 
Quando il fatto è realizzato da un soggetto sottoposto, la pubblica accusa deve provare che la commissione del reato è stata resa possibile dall’inosservanza degli obblighi di direzione o vigilanza da parte degli apicali. Questi obblighi non possono ritenersi violati se prima della commissione del reato l’ente abbia adottato ed efficacemente attuato un modello idoneo a prevenire reati della specie di quello verificatosi (art. 7, comma 2). Tale modello deve prevedere, in relazione alla natura e alla dimensione dell’organizzazione, nonché al tipo di attività svolta, misure idonee a garantire lo svolgimento delle attività nel rispetto della legge e a scoprire ed eliminare tempestivamente situazioni di rischio. Dunque, l’efficace attuazione del modello richiede, in via principale: 
a) una verifica periodica e l’eventuale modifica dello stesso quando sono scoperte significative violazioni delle prescrizioni ovvero quando intervengono mutamenti nell’organizzazione o nell’attività; 
b) un sistema disciplinare idoneo a sanzionare il mancato rispetto delle misure indicate nel modello; 
c) adeguate iniziative di formazione e informazione del personale. Infine, occorre considerare che la responsabilità dell’impresa può ricorrere anche se il delitto presupposto si configura nella forma del tentativo (art. 26, decreto 231), vale a dire quando il soggetto agente compie atti idonei in modo non equivoco a commettere il delitto e l’azione non si compie o l’evento non si verifica (art. 56 c.p.). In tal caso, le sanzioni pecuniarie e interdittive sono ridotte da un terzo alla metà. Inoltre, l’ente non risponde quando volontariamente impedisce il compimento dell’azione o la realizzazione dell’evento.  

  L’art. 6, comma 2, del decreto 231 indica le caratteristiche essenziali per la costruzione di un modello di organizzazione, gestione e controllo. In particolare, le lettere a) e b) della disposizione si riferiscono espressamente ad alcune attività correlate ad un processo di sana e prudente gestione dei rischi. Ferma restando l’esigenza che ogni impresa costruisca e mantenga in efficienza il proprio sistema di gestione dei rischi e di controllo interno, anche in ottica di “compliance integrata”, di seguito si propone un approccio coerente con i principali framework di riferimento in tema di controllo interno e di gestione dei rischi . Le fasi principali in cui il sistema di prevenzione dei rischi 231 dovrebbe articolarsi sono le seguenti: 

a) l’identificazione dei rischi potenziali: ossia l’analisi del contesto aziendale per individuare in quali aree o settori di attività e secondo quali modalità si potrebbero astrattamente verificare eventi pregiudizievoli per gli obiettivi indicati dal decreto 231. Per “rischio” si intende qualsiasi variabile o fattore che nell’ambito dell’azienda, da soli o in correlazione con altre variabili, possano incidere negativamente sul raggiungimento degli obiettivi indicati dal decreto 231 (in particolare all’art. 6, comma 1, lett. a); pertanto, a seconda della tipologia di reato, gli ambiti di attività a rischio potranno essere più o meno estesi. Per esempio, in relazione al rischio di omicidio colposo o lesioni colpose gravi o gravissime commessi con violazione delle norme in materia di salute e sicurezza sul lavoro, l’analisi dovrà verosimilmente estendersi alla totalità delle aree ed attività aziendali; 

b) la progettazione del sistema di controllo (cd. “protocolli” per la programmazione della formazione e attuazione delle decisioni dell’ente), ossia la valutazione del sistema esistente all’interno dell’ente per la prevenzione dei reati ed il suo eventuale adeguamento, in termini di capacità di contrastare efficacemente, cioè ridurre ad un livello accettabile, i rischi identificati. 

Sotto il profilo concettuale, ridurre un rischio comporta di dover intervenire – congiuntamente o disgiuntamente – su due fattori determinanti: 

i) la probabilità di accadimento dell’evento 

ii) l’impatto dell’evento stesso. 

Il sistema delineato, per operare efficacemente, deve tradursi in un processo continuo o comunque svolto con una periodicità adeguata, da rivedere con particolare attenzione in presenza di cambiamenti aziendali (apertura di nuove sedi, ampliamento   di attività, acquisizioni, riorganizzazioni, modifiche della struttura organizzativa, ecc.), ovvero di introduzione di nuovi reati presupposto della responsabilità dell’ente in via normativa.

Per offrire alle imprese una visione più chiara dei presupposti e delle conseguenze dell’illecito dell’ente, sono di seguito individuati gli elementi essenziali del sistema di responsabilità delineato dal decreto 231. 
 
Come delineato dalle ultime Linee Guida di Confindustria, qua segue una tabella che individua sinteticamente i reati-presupposto e le sanzioni previste per la responsabilità dell’ente.
  Se il reato è commesso da soggetti apicali, l’ente è responsabile se non dimostra che: 
• ha adottato ma anche efficacemente attuato, prima della commissione del fatto, modelli di organizzazione e gestione idonei a impedire reati della specie di quello commesso (art. 6, comma 1, lett. a, decreto 231); 
• ha istituito un organismo dotato di autonomi poteri di iniziativa e controllo, il quale abbia effettivamente vigilato sull’osservanza dei modelli; 
• il reato è stato commesso per fraudolenta elusione dei modelli da parte del soggetto apicale infedele. 
Quando il fatto è realizzato da un soggetto sottoposto, la pubblica accusa deve provare che la commissione del reato è stata resa possibile dall’inosservanza degli obblighi di direzione o vigilanza da parte degli apicali. Questi obblighi non possono ritenersi violati se prima della commissione del reato l’ente abbia adottato ed efficacemente attuato un modello idoneo a prevenire reati della specie di quello verificatosi (art. 7, comma 2). Tale modello deve prevedere, in relazione alla natura e alla dimensione dell’organizzazione, nonché al tipo di attività svolta, misure idonee a garantire lo svolgimento delle attività nel rispetto della legge e a scoprire ed eliminare tempestivamente situazioni di rischio. Dunque, l’efficace attuazione del modello richiede, in via principale: 
a) una verifica periodica e l’eventuale modifica dello stesso quando sono scoperte significative violazioni delle prescrizioni ovvero quando intervengono mutamenti nell’organizzazione o nell’attività; 
b) un sistema disciplinare idoneo a sanzionare il mancato rispetto delle misure indicate nel modello; 
c) adeguate iniziative di formazione e informazione del personale. Infine, occorre considerare che la responsabilità dell’impresa può ricorrere anche se il delitto presupposto si configura nella forma del tentativo (art. 26, decreto 231), vale a dire quando il soggetto agente compie atti idonei in modo non equivoco a commettere il delitto e l’azione non si compie o l’evento non si verifica (art. 56 c.p.). In tal caso, le sanzioni pecuniarie e interdittive sono ridotte da un terzo alla metà. Inoltre, l’ente non risponde quando volontariamente impedisce il compimento dell’azione o la realizzazione dell’evento.  

  L’art. 6, comma 2, del decreto 231 indica le caratteristiche essenziali per la costruzione di un modello di organizzazione, gestione e controllo. In particolare, le lettere a) e b) della disposizione si riferiscono espressamente ad alcune attività correlate ad un processo di sana e prudente gestione dei rischi. Ferma restando l’esigenza che ogni impresa costruisca e mantenga in efficienza il proprio sistema di gestione dei rischi e di controllo interno, anche in ottica di “compliance integrata”, di seguito si propone un approccio coerente con i principali framework di riferimento in tema di controllo interno e di gestione dei rischi . Le fasi principali in cui il sistema di prevenzione dei rischi 231 dovrebbe articolarsi sono le seguenti: 

a) l’identificazione dei rischi potenziali: ossia l’analisi del contesto aziendale per individuare in quali aree o settori di attività e secondo quali modalità si potrebbero astrattamente verificare eventi pregiudizievoli per gli obiettivi indicati dal decreto 231. Per “rischio” si intende qualsiasi variabile o fattore che nell’ambito dell’azienda, da soli o in correlazione con altre variabili, possano incidere negativamente sul raggiungimento degli obiettivi indicati dal decreto 231 (in particolare all’art. 6, comma 1, lett. a); pertanto, a seconda della tipologia di reato, gli ambiti di attività a rischio potranno essere più o meno estesi. Per esempio, in relazione al rischio di omicidio colposo o lesioni colpose gravi o gravissime commessi con violazione delle norme in materia di salute e sicurezza sul lavoro, l’analisi dovrà verosimilmente estendersi alla totalità delle aree ed attività aziendali; 

b) la progettazione del sistema di controllo (cd. “protocolli” per la programmazione della formazione e attuazione delle decisioni dell’ente), ossia la valutazione del sistema esistente all’interno dell’ente per la prevenzione dei reati ed il suo eventuale adeguamento, in termini di capacità di contrastare efficacemente, cioè ridurre ad un livello accettabile, i rischi identificati. 

Sotto il profilo concettuale, ridurre un rischio comporta di dover intervenire – congiuntamente o disgiuntamente – su due fattori determinanti: 

i) la probabilità di accadimento dell’evento 

ii) l’impatto dell’evento stesso. 

Il sistema delineato, per operare efficacemente, deve tradursi in un processo continuo o comunque svolto con una periodicità adeguata, da rivedere con particolare attenzione in presenza di cambiamenti aziendali (apertura di nuove sedi, ampliamento   di attività, acquisizioni, riorganizzazioni, modifiche della struttura organizzativa, ecc.), ovvero di introduzione di nuovi reati presupposto della responsabilità dell’ente in via normativa.

Aree di attività legale in relazione al Modello 231​

Assistenza giudiziale in caso di procedimento penale nei confronti dell'ente​

Aggiornamento normativa rilevante connessa al modello: giuslavoristica, ambientale, sicurezza sul lavoro, fiscale ed amministrativa​

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